Usciamo tutti e cinque insieme.
La mia torcia da testa non riesce ad illuminare bene per le tante goccioline che ci bagnano.
La strada è buia e si cammina percependo lo spazio.
Silenzio.
Ho paura.
A terra un sentiero impervio ci suggerisce la direzione.
Non voglio stare dietro, ho paura.
Ho la stessa sensazione che si percepisce nel film "The Blair Witch Project": panico.
Gli altri mi prendono in giro, ma nello stesso tempo questa sensazione mi esalta.
Il chiarore tarda ad arrivare e ciò che ci riserva è un paesaggio lunare:
La natura si sveglia e il gallo canta.
A Leboreiro, definito nell'antichità come Campus Leporarius o campo delle lepri, scorgo un cabeceiro: un cesto gigantesco che, come gli horreos, si utilizzava per conservare il granoturco.
Poco dopo attraversiamo Melide, ma è una cittadina che non mi ispira molto, quindi tiriamo dritti.
Veniamo rapiti da una banchetto pieno di banane, acqua, fragole, noci, dolci e lamponi... Pausa obbligatoria.
Ci rifocilliamo e ripartiamo.
Le gambe vanno veloci, oggi in particolar modo. Il conto alla rovescia mi gasa e metto il turbo.
È un conto inesorabile...che mi trasmette forza, tanta. Aver percorso tutti quei chilometri mi fa sentire invincibile. Tania rimane qui, noi proviamo ad andare più avanti; dopo la prima mezz'ora di affanno digestivo, le gambe vanno da sole, ormai il corpo è abituato.
Mi chiedo: cosa farò al ritorno per disabituarmi a tutto questo movimento?
Amo gli alberi di eucalipto, emanano un odore meraviglioso...
Poi ci rendiamo conto che non esistono albergue per dormire e i pochi esistenti sono tutti già al completo. Bisogna camminare per poter trovare il letto, bisogna guadagnarselo!!!